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C. 16/05/2006 n. 4articolata in più unità immobiliari, il classamento è effettuato in relazione alla destinazione prevalente. 12 Cfr. paragrafo 2.3. e) Altre tipologie Per quanto concerne infine l’attribuzione della categoria più pertinente (ordinaria o speciale) ad immobili aventi particolari destinazioni funzionali, che possono essere compresi nei gruppi B, C o D, si osserva la necessità che vengano assunti, come linee guida, i criteri in precedenza richiamati in coerenza con i principi generali della normativa catastale, tenendo conto della presenza di eventuali consolidati orientamenti nei processi di classamento delle unità immobiliari a livello locale. In particolare si fa riferimento alle seguenti destinazioni: -le case di cura e gli ospedali (B/2, D/4); -i fabbricati ed i locali per esercizi sportivi (C/4, D/6); -le stalle, le scuderie, le rimesse e le autorimesse (C/6, D/8); -gli uffici pubblici (B/4, D/8); -le caserme (B/1, D/8); -le scuole (B/5, D/8). Per quanto sopra rappresentato, di norma, viene attribuita una categoria ordinaria quando vi è rispondenza tra le caratteristiche tipologiche e reddituali degli immobili oggetto di classamento e quelle delle unità di riferimento del quadro di qualificazione (in base al quale è stato definito il prospetto tariffario), tenendo comunque conto dei caratteri che maggiormente contraddistinguono e qualificano a livello locale le diverse tipologie del patrimonio censito. Di contro il classamento nella categoria speciale è previsto per immobili i cui caratteri particolari non sono riferibili a nessuna delle categorie presenti, ovvero da istituire, in quanto costruiti per le speciali esigenze di un’attività industriale o commerciale e non suscettibili di altra utilizzazione senza radicali trasformazioni. 3.2. I rapporti tra la normativa catastale e quella urbanistico-edilizia 1. Fra i quesiti pervenuti, particolare rilevanza assumono quelli che richiedo- no chiarimenti sulle eventuali connessioni fra la disciplina catastale e quella urbanistico-edilizia. Come già in precedenza rappresentato, il classamento delle unità immobiliari ordinarie è basato esclusivamente sul confronto, a livello locale, fra le caratteristiche intrinseche ed estrinseche di ciascuna unità oggetto di esame e quelle ordinariamente associate alle tipologie presenti nel quadro di qualificazione, che assumono concreta evidenza nell’universo delle unità similari (in origine soltanto quelle definite “tipo”) censite in ciascuna categoria catastale. Pertanto si ritiene doveroso ribadire, in questa sede, la piena autonomia dell’ordinamento catastale rispetto a quanto dettato dalle norme urbanistiche, ovvero afferenti a specifici settori ed attività di esercizio.13 Le disposizioni che regolamentano la prassi catastale, infatti, sono tutte incardinate nella disciplina dettata dall’art. 6 del Regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 1° dicembre 1949, n. 1142, che, in merito alla qualificazione, dispone quanto segue: “La qualificazione consiste nel distinguere per ciascuna zona censuaria, con riferimento alle unità immobiliari urbane in essa esistenti, le loro varie categorie ossia le specie essenzialmente differenti per le caratteristiche intrinseche che determinano la destinazione ordinaria e permanente delle unità immobiliari stesse”. Più in particolare l’Istruzione II della Direzione Generale del Catasto e dei Servizi Tecnici Erariali del 24 maggio 1942, al § 22, stabilisce che: “Per la destinazione e per le altre qualità intrinseche che determinano la categoria, si avrà riguardo alle caratteristiche costruttive ed all’uso appropriato dell’unità immobiliare (omissis)”. La piena autonomia della disciplina catastale è altresì desumibile dal decreto del Ministro delle Finanze 19 aprile 1994, n. 701, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 24 dicembre 1994, n. 300, nonché dai conseguenti modelli del programma informatico denominato “DOCFA”, utilizzati per le dichiarazioni delle unità immobiliari, dove non risulta riscontrabile alcun riferimento a norme diverse da quelle di settore. 13 Un esempio tipico è costituito dalle residenze turistiche alberghiere, che sono generalmente composte da una struttura alberghiera intesa in senso tradizionale e da abitazioni con ingresso del tutto autonomo dalle strade pubbliche; in relazione alle situazioni di fatto, si potrà ragionevolmente attribuire alla prima la categoria D/2 ed alle seconde una delle pertinenti categorie del gruppo A. 3.3. I rapporti tra la normativa catastale e quella fiscale per alcune specifiche tipologie di immobili 3.3.1 Le abitazioni ed i fabbricati strumentali all’attività agricola 1. Come è noto, alle nove categorie afferenti agli immobili a destinazione speciale, originariamente previste dal quadro di qualificazione nazionale allegato alle istruzioni II e IV, si è aggiunta, ai sensi del citato DPR n. 139 del 1998, la categoria D/10 relativa ai “Fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole”. 2. In detta categoria – secondo l’art. 1, comma 5, del citato DPR - devono essere classate “le costruzioni strumentali all’esercizio dell'attività agricola diverse dalle abitazioni, comprese quelle destinate ad attività agrituristiche, ……, nel caso in cui le caratteristiche di destinazione e tipologiche siano tali da non consentire, senza radicali trasformazioni, una destinazione diversa da quella per la quale furono originariamente costruite”. 3. La disposizione citata prescrive quindi, per l’attribuzione della categoria D/10, sia la verifica della strumentalità, sia la presenza di caratteristiche tali da non consentire senza radicali trasformazioni una destinazione diversa da quella per la quale l’immobile fu originariamente edificato. 4. Il Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con DPR 22 dicembre 14 1986, n. 917, all’art. 32 , riconosce la ruralità, ai fini fiscali, alle costruzioni strumentali per le attività agricole, di cui all’art. 42 di seguito richiamato. In particolare sono riconosciute rurali le costruzioni, appartenenti al possessore o all'affittuario dei terreni, che servono: a) all’abitazione delle persone addette alla coltivazione della terra, alla cu stodia dei fondi, del bestiame e degli edifici rurali e alla vigilanza dei lavoratori agricoli, nonché dei familiari conviventi a loro carico, sempre che le caratteristiche dell'immobile siano rispondenti alle esigenze delle attività esercitate; b) al ricovero degli animali di cui alla lettera b) del comma 2 dell'articolo 15 32 ; c) alla custodia delle macchine, degli attrezzi e delle scorte occorrenti per la coltivazione; d) alla protezione delle piante, alla conservazione dei prodotti agricoli e alle attività di manipolazione e trasformazione di cui alla lett. c) del com 16 ma 2 dell'articolo 32 . 5. L’art. 1, comma 1, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, ha inoltre modificato l’art. 2135 c.c., introducendo tra le attività di competenza dell’imprenditore agricolo anche quelle “connesse” alla “coltivazione del fondo, silvicoltura, allevamento di animali”, delle quali, peraltro, è fornita una dettagliata esemplificazione. 6. Il comma 2 dello stesso articolo ha chiarito che la qualifica di “imprenditore agricolo” può essere posseduta anche dalle cooperative dei medesimi imprenditori ed i loro consorzi, quando utilizzano per lo svolgimento delle attività agricole, “prevalentemente prodotti dei soci, ovvero forniscono prevalentemente ai soci beni e servizi diretti alla cura ed allo sviluppo del ciclo biologico”. 7. Le norme citate hanno innovato significativamente la disciplina del T.U. n. 917 del 1986, in quanto hanno fatto rientrare nelle costruzioni strumentali all’attività agricola, tra le altre, anche quelle destinate ad ospitare attività di commercializzazione e valorizzazione dei prodotti agricoli. La strumentalità va, inoltre, correlata anche alle specifiche disposizioni dell’art. 2135 c.c. e, di conseguenza, alla nozione di imprenditore agricolo specificata dall’art. 2, comma 2, del D. Lgs. n. 228 del 2001. 14 Rivisitato in modo rilevante, per i profili di interesse dell’Agenzia, dall’art. 2, comma 6, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, come modificato dall’art. 15 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99. 15 “Sono considerate attività agricole: a) le attività dirette alla coltivazione del terreno e alla silvicoltura; b) l’allevamento di animali con mangimi ottenibili per almeno un quarto dal terreno e le attività dirette alla produzione di vegetali tramite l'utilizzo di strutture fisse o mobili, anche provvisorie, se la superficie adibita alla produzione non eccede il doppio di quella del terreno su cui la produzione insiste”. 16 “Le attività di cui al terzo comma dell’art 2135 del codice civile, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione, ancorché non svolte sul terreno, di prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, omissis”. 8. Nel caso in esame occorre analizzare se, ordinariamente, le attività svolte nei complessi in questione siano sicuramente riconducibili all’attività dell’impresa agricola o, di contro, possano essere correlate ad attività di tipo industriale o commerciale. In ossequio pertanto ai principi dettati dal testo unico delle imposte dirette, deve valutarsi – a prescindere dalla natura e caratteristiche, nonché dalla possibilità o meno di destinarli ad una funzione diversa senza radicali trasformazioni – se gli immobili siano strumentali “per destinazione” alle attività agricole, cioè se siano utilizzati esclusivamente per l’esercizio d’impresa da parte del possessore nelle attività menzionate dall’art. 32 (già 29) del citato testo unico. 9. E’ evidente che il combinato disposto dell’art. 32, come modificato dalle norme citate, e dell’art. 42 del testo unico, ha sottratto all’Ufficio la pratica possibilità di discernere la ruralità del fabbricato sulla base delle destinazioni sopra richiamate, avendo di fatto ricompreso nella dizione di “attività connessa”, caratterizzante la ruralità del fabbricato, anche quelle più specificamente afferenti alla trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli. L’unica reale discriminante per definire la concreta strumentalità all’attività agricola effettivamente praticata ed, in ultima analisi, la ruralità del fabbricato, risiede quindi nella compatibilità delle caratteristiche tipologico-funzionali con l’effettiva produzione del fondo al quale è asservito, circostanza, quest’ultima, che deve, quindi, costituire oggetto di specifica verifica ai fini del corretto classamento. 10. L’attività degli Uffici sarà pertanto finalizzata a verificare che negli immobili da accertare vengano esercitate prevalentemente le attività di cui all’art. 32 del TUIR, con riferimento ad una percentuale di prodotti provenienti dal fondo a cui sono asserviti i fabbricati (o meglio le unità immobiliari) superiore al 50%. 11. Qualora venga accertata tale circostanza, gli immobili devono essere considerati, in linea oggettiva, strumentali all’attività agricola esercitata sul fondo e pertanto classati in D/10 (Fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole). Nel caso contrario, il classamento deve essere effettuato in D/7 o in D/8, laddove sia prevalente, rispettivamente, la funzione di trasformazione industriale dei prodotti agricoli, ovvero quella di commercializzazione dei suddetti prodotti. 12. Si evidenzia, inoltre, quanto previsto dall’art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 139, secondo cui “Ai fini inventariali, le unità immobiliari già censite al catasto edilizio urbano non sono oggetto di variazione qualora vengano riconosciute rurali… ”. 13. Detta disposizione si riferisce specificamente ai fabbricati riconosciuti rurali ed appare pertanto non riferibile a fabbricati strumentali come sopra definiti (iscrivibili nella categoria D/10). La norma in esame, pertanto, va “storicamente” letta ed interpretata nell’ottica delle tradizionali modalità di inventariazione degli stessi nel catasto terreni, ovvero nel catasto urbano, a seconda dell’acquisizione o della perdita dei requisiti di ruralità. In questa ultima fattispecie, venendo meno la strumentalità del bene all’attività agricola effettivamente praticata, viene meno anche il requisito che caratterizza oggettivamente la destinazione del bene stesso che, pertanto, deve essere oggetto di dichiarazione in catasto ai sensi dell’art. 20 del R.D.L. n. 652 del 1939. |
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